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Calascibetta è un piccolo borgo medievale poco conosciuto, ma davvero molto carino e con dei reperti archeologici di notevole importanza. Il nome ha origini arabe, ma furono i normanni ha sancire la nascita del borgo intorno all’XI secolo. Il paese è visibile anche da Enna, da lì si ha un fantastico panorama su di esso e i colli circostanti.

Calascibetta dista 6 km da Enna, 39 km da Caltanissetta, 75 km da Catania e 111 km da Agrigento. È situata sui monti Erei, in una zona collinare interna; sullo spartiacque fra i bacini dei fiumi Simeto e Imera Meridionale. È posta a 880 metri sopra il livello del mare, come si rileva dalla cartina dell’I.G.M.. A nord-est, in direzione di Leonforte si trova il Lago Nicoletti mentre a ovest il Lago Morello.

Calascibetta nasce nel 1602 per volontà del Conte Ruggiero d’Altavilla, che qui fece erigere un castello fortificato che potesse essere sfruttato come base difensiva grazie anche alla sua strategica posizione, ma le origini di questo borgo sono antichissime. Calascibetta è infatti uno dei principali bacini archeologici della Sicilia perchè qui le condizioni geomorfologiche e ambientali del territorio xibetano hanno favorito la vita nelle grotte e spesso, il susseguirsi di diverse popolazioni, dai primi vissuti di tremila anni fa fino all’arrivo dei bizantini, rendono persino difficile la lettura diacronica di chi vi ha dimorato. Nel territorio di Calascibetta si trova la Necropoli di Realmese, che presenta tombe a grotticella artificiale che coprono un periodo che va dal IX al VII secolo a.C.. Interessante è anche l’abitato rupestre di Vallone Canalotto.

Il Santo patrono è San Pietro Apostolo, la cui festa si celebra la prima domenica e lunedì di agosto nella principale Piazza Umberto I. Si tratta di una festa molto sentita dai xibetani (o calascibbittisi) e dura tre giorni. E’ particolarmente vissuta dalle Confraternite religiose che, con sforzi non indifferenti, la organizzano insieme all’Amministrazione comunale. Durante i tre giorni, il paese si anima con suoni di bande, complessi musicali, divertimenti vari che allietano le giornate per culminare nel giorno di lunedì quando la solenne processione del fercolo del Santo Patrono portato a spalla dai fedeli della Confraternita conclude la manifestazione.

Da vedere a Calascibetta la Regia Cappella Palatina, ossìa la Chiesa Madre di Calascibetta, dedicata a Santa Maria Maggiore, costruita sopra i ruderi del Castello Marco ad opera del Re Pietro II d’Aragona, ultimata nell’anno 1340 e, subito dopo, nel 1342 nominata dallo stesso re, Regia Cappella Palatina.

Nome
 

Il nome

Calat-Xibet è l’unione di due termini arabi: il prefisso qal’at, “castello”, seguito da xibet, “monte”, quindi “castello sulla vetta”.

Da Vedere

Piazza Umberto I – Villa Co,unale e Chiesa di Maria SS del Monte Carmelo

Lungo la piazza Umberto I, dove primeggia un’imponente fontana marmorea con statue in bronzo di cui una è allegoria della città di Calascibetta. La piazza ornata da piante, alberi e arbusti, sovrasta in parte la Villa Comunale, dove possiamo ammirare la Venere di Sicilia ad opera dello scultore G. Balderi: è una statua in pietra di Comiso commissionata dal Comune di Calascibetta in occasione dei 150 anni dell’Unità di Italia. Presente è anche la lapide sepolcrale dell’architetto Tabita del 1586, realizzata in bassorilievo sulla particolare pietra locale petra di cutu. Lo slargo ricompreso tra Piazza Umberto I e Via Dante, oggi intitolato all’on. Giuseppe D’Angelo, è dominato dalla chiesa Maria SS. Del Monte Carmelo. Al suo interno, fra le varie opere, l’Annunciazione attribuita ad Antonello Gagini. L’attuale via Dante, il Municipio, la casa parrocchiale, la villa comunale e la chiesa della SS. Trinità facevano parte, in origine, del monastero dei Carmelitani. Dell’antica chiesa del XIV secolo rimane il gruppo marmoreo dell’ “Annunciazione” attribuita ad Antonello Gagini trasferito nel 1771 nella chiesa attuale. Nei secoli successivi fu fondata la Congregazione di Maria SS. Del Monte Carmelo, il cui scopo principale era la venerazione della “Cappella di Maria SS. Del Monte Carmelo”. I cosiddetti “capitoli” regolavano la vita associativa in ogni dettaglio. L’associazione si impegnò in atti di solidarietà tra i soci, quando la protezione sociale pubblica era inesistente, garantendo sostegno agli agricoltori che spesso si trovavano in difficoltà. L’associazione diede vita anche alla costituzione dei “monti frumentari” o “colonna frumentaria”, il ricorrere a tale risorsa veniva chiamato “succursu” (soccorso). L’ordine dei carmelitani di Calascibetta fu soppresso nel 1659 e ripristinato nel 1665.Sulla piazza centrale si staglia la Chiesa di Maria SS. del Carmelo, costruita nel 1771 dai Carmelitani, alla quale era connesso il Convento. La Chiesa ad una sola navata, conserva sull’altare maggiore il gruppo marmoreo raffigurante l’Annunciazione del Gagini.

Grotte di via Carcere

Questo sito fa parte del circuito Camminare nella Storia. Uno dei sette itinerari di tale percorso Reliquie rupestri sulle trazzere di Calascibetta, invita a visitare alcuni luoghi di Calascibetta: Grotte di Via Carcere, Necropoli di Realmese e Villaggio Bizantino. Il sito rupestre delle Grotte di Via Carcere è scavato nella calcarenite ed utilizzato nel periodo medievale come carcere della città. Presenta delle grotte a vari livelli, fino a raggiungere il terzo piano, ben visibili dall’esterno. La roccia ingloba delle magnifiche conchiglie fossili di ostriche plioceniche. Il sito rupestre di Calascibetta che comprende oltre mille grotte sparse nella parte alta della città ed abilmente nascoste dalle moderne costruzioni antistanti, fu descritto dal famoso viaggiatore tedesco J.W. Goethe nel suo “Viaggio in Italia” che così riferiva: “Calascibetta è posta in una posizione estremamente panoramica ad anfiteatro sopra una rupe sforacchiata di grotte” e concludeva dicendo “ma chi poteva immaginare a godere tale spettacolo”.

Chiesa di San Domenico

oggi Parrocchia Ortodossa San Giovanni Battista adeguata al culto ortodosso presenta una iconostasi in legno, donata dai fedeli. Di pregevole fattura è l’acquasantiera posta a sinistra entrando, la stessa riporta sotto il bordo in lingua latina una dicitura sulla commissione del manufatto ad opera di Antonio Lo Vecchio. Nel 1523, i frati Domenicani abitarono in un convento fuori l’abitato, ma era talmente povero che i frati lo abbandonarono. Richiamati successivamente nel 1573 eressero un altro convento sulle rovine della Porta dell’Aquila, di cui oggi rimangono l’ex monastero e l’attuale chiesa di San Domenico. Il monastero, poiché era dotato di pochissime rendite fu nuovamente abbandonato nell’anno 1659. Lungo la facciata dell’antico monastero di via Conte Ruggero è ancora visibile un orologio solare.

Piazza S. Pietro (slargo medievale)

Accanto alla Chiesa Fortezza di S. Pietro, la Torre Normanna, fatta erigere dal Conte Ruggero d’Altavilla per contrastare gli arabi di Castrogiovanni che fino al 1091 (anno della conquista di Castrogiovanni da parte dei Normanni) professavano la fede musulmana.

Chiesa Madre dedicata a S.Pietro e Regia Cappella Palatina

La Chiesa costruita dal re Pietro II d’Aragona nel 1340, è senza dubbio il monumento più importante della città, lo stesso re la elevò a Regia Cappella Palatina. Essa ha pianta basilicale a tre navate, con caratteristiche architettoniche particolari e numerosi bassorilievi d’arte catalano-aragonese tipica delle grandi Cattedrali di Sicilia. Su tutti i bassorilievi s’impongono la figura di Pietro II d’Aragona riportata sulla seconda base a sinistra e quello di un tricipitium piccolo bassorilievo enigmatico, del tutto originale, riportato sulla quarta base destra, tutto realizzato con la pietra di cutu. Nella navata sinistra, si trova ubicata la cappella del fonte battesimale, in alto nella vecchia parete esterna rimane superstite, un’antica finestra dell’originaria facciata sostituita intorno al 1750, perché gravemente danneggiata dal terremoto del 1693. I tesori inestimabili della Regia Cappella Palatina sono esposti presso il Museo Diocesano di Caltanissetta, ed occupano un’area espositiva notevole.

Convento dei Frati Cappuccini

Fu costruito nel 1589 dall’ordine dei Frati Minori francescani. La data si può ammirare su un gradino sottostante il portone. Il Convento custodisce la tela più importante del pittore fiorentino Filippo Paladini che fu realizzata nel 1610 e raffigura l’Adorazione dei Magi. All’interno si conserva un inestimabile archivio antico su vari manoscritti.

Necropoli di Realmese

È la seconda necropoli pantalicana della Sicilia datata IX – VI sec. a.C.

La regia trazzera Calascibetta – Gangi attraversa l’area della necropoli di Realmese, all’interno della quale si possono ancora notare un tratto dell’antica pavimentazione lastricata con basole di pietra di “cutu” (arenaria compatta) ed un tratto scavata nella roccia viva.

La regia trazzera Calascibetta – Gangi, passa attraverso le campagne dell’area xibetana, per giungere al borgo di Cacchiamo, nelle vicinanze della cappella privata di S. Giuseppe, caratterizzata da affreschi del XVIII sec. ed annessa alla villa-masseria appartenuta al barone Bongiorno di Gangi. L’antica arteria proseguiva per l’attuale strada detta della “Menta” e costeggiando Bordonaro e l’antico castello di Re Giovanni a pochi chilometri da Cacchiamo prosegue per Gangi raggiungendo successivamente la città di Cefalù sul mar Tirreno. La necropoli di Realmese dell’IX e VI sec. a.C. è caratterizzata da 288 tombe a grotticella del tipo Pantalicano, ci troviamo in età protostorica (IX sec. a. C.), seguita da un riutilizzo in età arcaica (VI sec. a.C.).

Caratterizzata da 288 tombe a grotticella del tipo Pantalicano, durante la campagna di scavi di questo sito archeologico, eseguita negli anni 1949-1950 sotto la guida di Luigi Bernabò Brea, furono rinvenuti reperti in terracotta ed in rame e da ceramiche, coltellini a fiamma, anelli digitali, orecchini e fibule, nonché di corredi miniaturizzati esposti, insieme ad una gigantografia in bianco e nero del sito durante i lavori di scavo, nel Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Tracce dell’uso del sito in epoca bizantina sono state individuate all’interno di una tomba a camera dell’età del Bronzo Finale. Tale sepoltura presenta una pianta quadrangolare con copertura interna piana. Al suo interno, sulla parete destra, si apre una grande nicchia, mentre a sinistra una panchina è stata intagliata nella roccia, per cui si ritiene che in età bizantina la tomba fosse utilizzata come abitazione.

Villaggio Bizantino – Canalotto

È un insediamento rupestre d’epoca tardo romana – bizantina. Nell’anno 535 iniziava in Sicilia l’occupazione bizantina con il generale Belisario; le sue conquiste si spinsero anche nel centro dell’Isola, modificando così usi e costumi della popolazione locale. I conquistatori bizantini portarono nell’isola il loro patrimonio formale ed iconografico del cristianesimo primitivo. Durante la dominazione bizantina, la popolazione dell’attuale Calascibetta viveva in piccoli villaggi, nelle campagne distanti solo pochi chilometri dall’attuale centro abitato. In seguito alla conquista araba, le popolazioni delle campagne si trasferirono gradualmente sulla parte più alta di Calascibetta dove troviamo il primo nucleo arabo caratterizzato da stradine strette e tortuose, come le Vie Balata e S. Agata, occupando le dimore rupestri dei primi abitatori trogloditi.

La regia trazzera Calascibetta – Alimena costituisce la naturale prosecuzione in direzione nord della regia trazzera Calascibetta – Palagonia, mentre l’intero tracciato si chiamava Siracusa Thermai, l’antica arteria passando da Calascibetta che conduceva appunto all’odierna Termini Imerese.

Ancora una volta anche questo antichissimo tacciato rivela un passato storico ricco di testimonianze legate ai primi secoli della cristianità. A circa mezzo chilometro da questa importante arteria in contrada Canalotto ed a soli cinque minuti di macchina dal centro abitato di Calascibetta troviamo un intero villaggio rupestre sviluppatosi in epoca bizantina. La comunità poteva contare su ambienti rupestri per gli usi civili e religiosi. Gli abitanti si erano organizzati per vivere con una certa autonomia; essi avevano trovato il modo di raccogliere le acque dilavanti sulle rocce tramite delle incisioni che alle volte diventano piccoli canaloni i quali convogliano le acque meteoriche in recipienti scavati nella roccia, che a loro volta venivano suddivise in piccole vasche di utilizzo pratico.

Il sito risalente probabilmente al VI a.C., è posto su sede acquifera ed è il sito più completo, comprende due chiese rupestri a due piani ed una trentina di grotte anche a diversi piani, utilizzate come abitazioni, sia successivamente che recentemente, adibite a ricovero per animali. Sopra la porta di una di queste grotte si distingue chiaramente una croce incisa sulla roccia a testimonianza della loro fede cristiana. Sulle pareti si notano le piccole bacheche scavate nella roccia, che servivano per la deposizione delle urne e vasi cinerari, poiché il culto dei morti seguiva ancora il rituale dell’impero romano: i defunti venivano cremati e le ceneri raccolte in vasi.

Il villaggio poteva contare anche sul supporto idrico del torrente che scorre alla base, che si riversa nel fiume Morello che scorre a circa sette chilometri di distanza. Nelle civiltà antiche le comunità si insediavano molto spesso in luoghi forniti di risorse idriche.

Gli abitanti avevano trovato il modo di raccogliere le acque dilavanti sulle rocce tramite delle incisioni che alle volte diventano piccoli canaloni i quali convogliavano le acque meteoriche in recipienti scavati nella roccia che a loro volta venivano suddivise in piccole vasche di utilizzo pratico. Durante la dominazione bizantina, la popolazione dell’attuale Calascibetta viveva in piccoli villaggi, nelle campagne distanti solo pochi chilometri dall’attuale centro abitato. In seguito alla conquista araba le popolazioni delle campagne si trasferirono gradualmente sulla parte più alta di Calascibetta, dove troviamo il primo nucleo arabo in grotte scavate nella roccia e caratterizzato da stradine strette e tortuose, come le Vie Balata e S. Agata.

 

Prodotti del luogo

Sgrinfiati

Dolce tipico di Calascibetta il cui ingrediente principe sono le mandorle. Bisogna tostare le mandorle e poi cuocerle con acqua, zucchero, scorza d’arancia, sfumando il tutto con un liquore secco; il composto va poi unito alla farina già setacciata. Si ricavano così i tipici biscotti romboidali.

Piacentinu Ennese DOP

Formaggio stagionato a pasta compatta pressata, ottenuto con latte ovino intero, crudo ad acidità naturale di fermentazione, prodotto dalle razze ovine autoctone siciliane Comisana, Pinzirita, Valle del Belice e loro meticci. Il Latte proveniente da un massimo di due munte portato ad una temperatura di 38° entro 24h, posto dentro contenitori in legno e viene arricchito di zafferano e coagulato con caglio di agnello. La cagliata viene fatta spurgare del siero dentro canestri di giunco e frugata con tecniche tradizionali. Stufatura in scotta e salatura a secco. Stagionatura in locali ventilati per un minimo di 60 giorni dalla produzione.

 

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